Wednesday, January 18, 2006

dall'agenzia SIR. Intervista a Paola Bignardi, coordinatrice nazionale di Retinopera

CRISTIANI E CITTÀ
Vincere la solitudine

Convegno di "Retinopera" a Napoli su "Un nuovo mezzogiorno"
Partire da Napoli per rivolgere maggiore attenzione al Sud, ai suoi problemi e alle sue risorse. Napoli come "un'officina" per riflettere sulle contraddizioni e sulle speranze di una metropoli e sull'apporto dei cristiani per rendere più umano il volto delle città. Questi gli obiettivi del convegno"Cristiani: da Napoli per un nuovo Mezzogiorno", organizzato dal 21 al 22 gennaio nel capoluogo partenopeo, da "Reteinopera", associazione nazionale promossa da un ampio cartello di associazioni cattoliche impegnate in diversi ambiti. Su questi temi riflettiamo con PAOLA BIGNARDI, coordinatrice nazionale di "Retinopera".

Perché è stata scelta Napoli per questo importante appuntamento nazionale di Retinopera?
"Retinopera si dà appuntamento a Napoli per continuare nell'esperienza di dialogo e di confronto avviato tra movimenti e associazioni ecclesiali o di ispirazione cristiana. La scelta del capoluogo campano risponde alla convinzione che Napoli possa diventare un laboratorio di cittadinanza per l'intero Paese e che il profilo di una nuova cittadinanza possa emergere solo dal dialogo tra la dimensione nazionale e quella locale della vita".

Qual è l'apporto della speranza cristiana all'impegno di cittadinanza?
"In questo momento in cui è così difficile fare politica in maniera qualificata e alta, già il dedicarsi con disinteresse al bene comune è segno della volontà di non rassegnarsi, di non smettere di credere alla possibilità di una vita della città più a misura delle persone, della loro dignità, dei loro diritti. E non smettere di credere che questo è possibile per tutti. Credo anche che i cristiani abbiano un contributo di stile, fatto di dialogo, di mitezza, di fiducia nella ragione, di sobrietà, che non sono elementi accessori, ma che fanno la qualità della vita di una città".

Come l'impegno civile, nel rispetto della sua specificità sociale e politica, può essere un modo della testimonianza cristiana?
"È un modo per prendersi a cuore la vita della città, non solo in rapporto ai propri interessi, ma in rapporto agli interessi di tutti, cercando la compatibilità di essi e mettendo al primo posto gli ultimi. Il documento della Cei del 1981 (La Chiesa italiana e le prospettive del paese, ndr) ci ricorda oggi, con immutata validità, che con gli ultimi potremo tutti guadagnare uno stile di vita più umano".

Come evitare che l'interesse per le grandi questioni della cittadinanza del nostro tempo si riduca a una questione di schieramento ideologico, stimolando invece forme di impegno significativo?
"In una stagione difficile della vita del nostro Paese, i cattolici hanno dato vita ad un movimento di pensiero che ha dato i suoi frutti dopo la guerra. L'esperienza dei migliori di essi ha messo insieme santità e cultura. Credo che sia una grande provocazione per noi, che rischiamo di rinchiuderci nel piccolo cabotaggio di questioni di schieramento, per allargare l'orizzonte e accettare di misurarci, con libertà e gratuità, con i problemi effettivi e seri della società in cui viviamo".

Come la dottrina sociale della Chiesa può diventare un riferimento fecondo?
"La pubblicazione recente del Compendio della dottrina sociale della Chiesa potrebbe essere l'occasione per aprire spazi di discernimento in cui mettere all'opera le grandi prospettive della civiltà dell'amore che il Compendio indica, con i problemi concreti di oggi. Mi sembra di respirare una grande solitudine sui temi relativi alla testimonianza nella città, tra i cristiani; la solitudine genera smarrimento e induce a scelte superficiali. Credo che la fase nuova del laicato italiano renda possibile, proprio a partire dalla dottrina sociale della Chiesa, la costituzione di luoghi in cui possa avvenire il discernimento in ordine alle scelte relative all'impegno nella società. I laici possono far conto anche sul valore delle esperienze aggregative, che nell'attuale stagione della vita della Chiesa sono orientate con nuova disponibilità al dialogo e a percorrere strade di unità, dopo un tempo in cui la chiusura sembrava l'unica condizione possibile. Si legge al paragrafo 10 del Compendio della dottrina sociale della Chiesa che il testo viene proposto come motivo di dialogo con tutti coloro che desiderano sinceramente il bene dell'uomo. Il Compendio, dunque, può essere occasione per avviare dialoghi nuovi non solo tra cristiani, ma tra credenti di diverse religioni, e tra donne e uomini di buona volontà. Il dialogo rivela il coraggio di un nuovo umanesimo, perché richiede la fiducia nell'uomo".