Tuesday, January 10, 2006

retinopera
CRISTIANI : DA NAPOLI PER UN NUOVO MEZZOGIORNO

Napoli, 21-22 gennaio ’06

SCHEDA DI PARTECIPAZIONE

Cognome Nome

Indirizzo: Via, Cap, Città.

Telefono Indirizzo E.mail



Associazione, Ente, Istituzione di appartenenza



Incarico

Firma del partecipante

________________________

LABORATORI – sabato pomeriggio (INDICARE LA PREFERENZA)

q Famiglia, vita, adozione e affido, politiche familiari q Pace e cooperazione a partire da Napoli

q Immigrazione a Napoli q Welfare, sussidiarietà, non profit

q Percorsi per un’educazione alla legalità q Giovani, Scuola, Università

q Lavoro, impresa, cooperazione per uno sviluppo sostenibile
NOTE LOGISTICHE

Villa S. Ignazio si trova in Viale S. Ignazio di Loyola, 51 – 80131 Napoli Tel. 081/3724811 fax. 081 5464413 e-mail: cangiani.sj@gesuiti.it ed è raggiungibile in auto via tangenziale uscita n. 8 “Camaldoli” imboccare Via Jannelli, proseguire fino al Largo Cangiani quindi, girare subito a sinistra. E’ altresì raggiungibile con i mezzi pubblici: Metronapoli fermata “Rione Alto” Villa S. Ignazio è a circa 400 metri; con gli autobus che raggiungono la “zona ospedaliera”.

COSTI PER L’OSPITALITÀ

Pensione completa in camera doppia (dal pranzo del 21 alla colazione del 22 gennaio) € 42,00.
Supplemento camera singola fino ad esaurimento € 8,00, per il solo pranzo di sabato 21 il costo è di € 15,00.
Le prenotazioni e le schede di adesione devono pervenire entro le ore 20,00 del 18 gennaio prossimo via E.mail a csi-napoli@libero.it o fax al n. 081 7415799.

programma versione aggiornata

R E T I N O P E R A




CRISTIANI: DA NAPOLI PER UN NUOVO MEZZOGIORnO

Napoli, 21 – 22 gennaio 2006

Villa S. Ignazio, Viale S. Ignazio di Loyola a Cappella Cangiani

* * * * *


Napoli: quasi una Officina, per riflettere sui problemi, sulle contraddizioni e sulle speranze di una metropoli. E per confrontarsi, a partire da grandi domande:

· Come contribuire, da cristiani, a rendere più umano il volto delle nostre città?
· Come non smettere di essere attenti al Sud, ai suoi problemi, alle sue ricchezze, ai tentativi di nuova cittadinanza che prendono corpo spesso a partire proprio dalla realtà organizzata dei cattolici?
· La vita della città può essere laboratorio per la rigenerazione della politica?

Retinopera si dà appuntamento a Napoli, per continuare nell’esperienza di dialogo e di confronto avviato tra movimenti e associazioni ecclesiali o di ispirazione cristiana.
Dimensione nazionale e dimensione locale in dialogo, alla ricerca del profilo di una nuova cittadinanza.


* * * * *


PROGRAMMA


sabato, 21 gennaio 2006 – Disagi e risorse di una città


9,30 Introduzione
Luca Jahier, Segretario Nazionale di Retinopera

9,45 Saluto di un rappresentante del laicato associato di Napoli
Mario Di Costanzo – Consigliere nazionale Azione Cattolica Italiana

Moderatore: Massimo Milone – Capo servizi giornalistici TGR Campania –
Presidente nazionale UCSI

10,00 Relazioni di apertura
Ø prof. Pino ACOCELLA, Vice Presidente del CNEL
Ø Mons. Arrigo MIGLIO, Vescovo di Ivrea, Presidente Commissione C.E.I. per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace


11,00 pausa


11,15 Esperienze

La promozione della vita come nuova questione sociale
Gianni Minucci – Coordinamento La Rete delle comunità residenziali per minori

Napoli per il Sud del mondo
Don Gennaro Somma - CPS/ FOCSIV

I Rom e la città: la convivenza possibile
Francesco Dandolo – Comunità di S. Egidio

Lotta alle povertà: gli strumenti
Pasquale Orlando – Presidente provinciale ACLI Napoli

Lavoro, impresa, cooperazione
Emilio Campanile – Presidente UCID Napoli

Chiesa in terra di camorra
P. Fabrizio Valletti S.J. – Rettore Chiesa S. Maria della Speranza in Scampia


12,15 Interventi dei rappresentanti delle Istituzioni
Dr.ssa Teresa Armato, Assessore Ricerca Scientifica Regione Campania
Dott. Dino Di Palma, Presidente Provincia di Napoli
On. Rosa Jervolino Russo, Sindaco di Napoli


13,00 Conclusioni
Paola Bignardi – Coordinatrice nazionale di Retinopera


13,30 Colazione

Ore 16,00 – Laboratori


Famiglia, vita, adozione e affido, politiche familiari
coordinatore moderatore esperti
Titti Amore Oreste Ciampa - Antonio Palma
Pres.te Diocesana Azione Cattolica Pr.te Un. Giuristi Catt. Napoli - Paola Mancini
Pres.te Movimento per la Vita

pace e cooperazione a partire da Napoli
coordinatore moderatore esperto
Giuseppe Sottile Gigliola Alfaro Antonino Drago
Direttore Banca Etica (SIR – Servizio
Informazioni Religiose)

Immigrazione e Napoli
coordinatore moderatore esperto
Gian Camillo Trani Giacomo Di Gennaro Saady Mohamed
Caritas Diocesana ISERS Napoli Pres.te Naz. ANOLF-CISL

Welfare, sussidiarietà, non profit
coordinatore moderatore esperto
Salvatore Maturo Pasquale Orlando Pina Colosimo
Cons. Naz.. CSI Pr.es.te Prov. ACLI Portavoce Forum Terzo Settore
Campania

Lavoro, impresa, cooperazione per uno sviluppo sostenibile
coordinatore moderatore esperti
Pietro Cerrito Vito Amendolara Carlo Borgomeo
Segr. Reg. CISL Dir. Reg. Col diretti Presidente della "c.borgomeo&co."
- Giovenale Gerbaudo
V.Pres.te Naz. Confcooperative
- Michele Buonomo
Pres.te Legambiente

Percorsi per un’educazione alla legalità
coordinatore moderatore esperti
Lorenzo Zoppoli Chiara Marasca - Don Luigi Merola
Ass. Etica Pubblica (Osservat. Legalità Parroco Forcella
Corriere Mezzogiorno) - Valerio Taglione –
AGESCI
- Don Tonino Palmese
Referente Libera

Giovani, Scuola, Università
coordinatore moderatore esperto
Antonia Monni Lucio Fino Gennaro Ferrara
Presidente Prov. AIMC Presidente Prov. MEIC Rettore Univ. Partenope
Paolo Battimiello
Preside Ist.Virgilio IV Scampia
Simona Zona
Mov. Focolari


19,00 La rete all’opera – Testimonianze e preghiera


20,15 cena



Domenica, 22 gennaio 2006


9,00 Napoli – Italia: laboratorio per una nuova cittadinanza


Ø Modera: Edo PATRIARCA

Ø Intervengono:
Luigi ALICI (Presidente AC), Paolo BEDONI (Presidente Coldiretti), Luigi BOBBA (Presidente ACLI), Edio Costantini (Presidente CSI), Lucia Fronza (Movimento dei Focolari), Maurizio Giordano (Presidente UNEBA), Marco Impagliazzo (Presidente Comunità di S. Egidio), Sergio Marelli (Direttore generale FOCSIV), Wilma MAZZOCCO (Presidente Federsolidarietà), Savino Pezzotta (Segretario generale CISL), Dina TUFANO (Capo Guida AGESCI)

Ø Conclude: Paola Bignardi, Coordinatrice Nazionale di Retinopera


12,00 S. Messa - presieduta da S. Em. il Card. Michele Giordano, Arcivescovo Metropolita di Napoli


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La presente iniziativa, promossa a livello nazionale da RETINOPERA[1], a livello locale è stata curata da un gruppo di lavoro composto dalle seguenti associazioni: AC, ACLI, AGESCI, Coldiretti, Comunità di S. Egidio, CPS-FOCSIV, CSI, Movimento dei Focolari.


Segreteria nazionale Retinopera: Alberto Pellone, 06661321, a.pellone@azionecattolica.it

Segreteria organizzativa a Napoli:
Salvatore MATURO, 3282667773, 0817415799, csi-napoli@libero.it

Note logistiche:


Per raggiungere la sede del convegno:

in auto: tangenziale di Napoli, uscita Camaldoli

con i mezzi pubblici: metropolitana collinare, fermata Rione Alto, sita a 500 mt. Dalla Villa
S. Ignazio. Oppure altri bus pubblici che arrivano nella zona ospedaliera.


E’ possibile pernottare presso la Villa S. Ignazio, prenotando presso la Segreteria organizzativa di Napoli.
Il costo del pranzo a Villa S. Ignazio per sabato 21 è di 15 €.





[1] RETINOPERA è un’Associazione nazionale promossa da cattolici italiani, impegnati nell’associazionismo, nel sindacato, nel volontariato, nella cooperazione e in altre istituzioni sociali, civili ed economiche. E’ la proposta di dare vita ad una diffusa “Opera delle Reti”, significativa di una esplicita autonomia del sociale, fondata sulla Dottrina Sociale della Chiesa, per una nuova stagione del movimento cattolico in Italia, per offrire un servizio “bello e utile” alla vita del nostro paese

appunti per una agenda sociale

R E T I N O P E R A





Appunti per una Agenda sociale
Il cantiere dei cattolici italiani, a servizio del paese


<< Il bisogno di definizioni e di formulazioni, la urgenza di "prendere posizione" di fronte alle più vive e dibattute questioni sociali ed economiche si fa ogni giorno più sentire nel campo cattolico, a mano a mano che si fa strada la convinzione che la distruttiva crisi di civiltà che andiamo attraversando trova la sua prima ragione nell'abbandono e nella negazione dei principi che il messaggio cristiano pone a fondamento della umana convivenza e dell'ordine sociale, così come del comportamento e della morale personale. Il riconoscimento di questa verità, che costituisce la più eloquente apologia del Cristianesimo, avrebbe tuttavia solo un valore negativo e di pura constatazione storica, se non fosse accompagnato da una immediata istanza e da un positivo impegno di ricerca, di ricostruzione, di affermazione di un ordine sociale che elimini e riformi gli elementi di dissoluzione, di involuzione, di incoerenza rispetto ai fini essenziali dell'uomo e della società.
Per questo gli spiriti più attenti, gli animi più appassionati, fra i quali fermentano i germi di quel profondo rivolgimento sociale che batte alle porte dei tempi nuovi, guardano oggi con grande fiducia e speranza all'idea cristiana, come all'unica capace di difendere insieme le ragioni dell'uomo e quelle della comunità, le esigenze della libertà e quelle della giustizia.>>

Con queste parole, si apriva nel 1945 l’introduzione a cura dell’ICAS (Istituto Cattolico di Attività Sociale) di una raccolta di riflessioni e proposizioni, frutto di un lavoro appassionato avviato da un nutrito gruppo di giuristi e studiosi del mondo cattolico, riuniti la prima volta nel 1943 nella Foresteria del Monastero di Camaldoli. Il documento che ne usci fu poi chiamato per semplicità “Codice sociale di Camaldoli” ed ebbe una indubbia e determinante influenza nella formulazione della stessa Costituzione e poi nella Legislazione della Repubblica italiana, così come nelle principali politiche sociali ed economiche che permisero di ricostruire il paese.

A sessant’anni di distanza, avvertiamo ancora tutta la forza e l’attualità di quelle determinazioni e riteniamo che, pur nelle mutate condizioni storiche, anche oggi ci è chiesto di rispondere in modo costruttivo a questa fase di crisi, liberando energie e disponibilità per il bene del paese.

Scrivevamo nel Manifesto fondativo di Retinopera, “Prendiamo il largo” del 26 marzo 2002:

<< Esiste e diventa più forte la coscienza di una crescente urgenza del tempo in cui viviamo. Particolarmente nelle nostre democrazie affluenti dell’Occidente sono oggi presenti delle sfide travolgenti – che sono anche delle opportunità – nelle quali sono messi a rischio:
Ø da un lato il bene della persona umana nella sua integrità, quale conseguenza di prevalenti tendenze individualistiche e relativistiche, ove i valori sono dettati dall’esperienza, il libero arbitrio individuale è ritenuto l’unica fonte di razionalità rispetto al bene dell’uomo e il valore fondante la comunità; ove prevalgono chiusure di fatto al valore della vita;
Ø dall’altro la stessa democrazia, che rischia una sostanziale implosione, ridotta a fare i conti con la società emozionale di massa, la società dei consumi che ha sostituito la società dei produttori, i cambiamenti imposti dalla globalizzazione, i localismi e i particolarismi: una miscela che può favorire l’emergere di nuove forme di populismo se non di veri e propri, pur se più sofisticati, totalitarismi.

Siamo dunque convinti che bisogna fronteggiare la pervasività di una antropologia basata su un individualismo radicale, propugnatore di una idea di persona proprietaria e che dunque può disporre di tutto, fare e disfare, ovunque e comunque, senza limite alcuno ai desideri, che si pretende trasformare hic et nunc in diritti, con il duplice esito devastante o di una riduzione dell’altro a pura funzione utilitaristica ovvero a totale e violento rifiuto dell’alterità.

A tutto questo si contrappone la responsabilità di una eredità da trasmettere, di una concezione della persona come assoluto e come relazione, che fonda una idea della vita come dono e responsabilità, ma anche finitezza e trascendenza, della quale possiamo solo essere custodi, perché sia sempre più piena e per tutti. Una concezione che fonda una idea di futuro, di ordinata convivenza umana e sociale, di libertà e solidarietà di cui questo nostro tempo ha quanto mai bisogno.


Viviamo in un tempo in cui si dispiega una duplice frattura.

La prima è relativa al futuro. Le generazioni che ci hanno preceduto sono sempre state animate dalla ferma convinzione che l’impegno e i sacrifici del presente avrebbero permesso di costruire un avvenire migliore per sé e per i propri figli.
Oggi invece si diffonde una generale sensazione di incertezza e paura rispetto al futuro e in molti casi si fa strada una pervasiva preoccupazione che domani sarà peggio di oggi e che ai nostri figli non sarà probabilmente dato di godere delle sicurezze che noi abbiamo avuto.

La seconda frattura riguarda il rapporto stesso fra le generazioni. Che è sia una frattura culturale e di trasmissione di valori nel rapporto tra giovani e adulti, sia frattura generazionale legata all’allungamento della vita e alla drammatica caduta della natalità, sia frattura sociale e economica, in ordine alle possibilità di accesso alle sicurezze del progresso sociale ed economico.

Rischiamo sempre più di vivere in una società fondata sulla paura e con un patto sociale centrato sulle persone anziane, peraltro vissute vieppiù come una emergenza sociale e quasi per nulla come una grande risorsa di competenza e saggezza, da valorizzare per il bene di tutti.

E’ venuto il tempo di costruire un nuovo patto tra le generazioni, fondato sulla fiducia nel futuro e maggiormente centrato sui giovani, capace di trasformare le paure in occasioni di investimento positivo sul futuro e di edificare un nuovo equilibrio intergenerazionale. E’ urgente che si apra tale cantiere, per rinnovare il patto sociale fondativo della Repubblica, si cerchi una nuova alleanza tra cittadini e istituzioni, una nuova alleanza tra lavoratori, imprese e consumatori, tra parti sociali e società civile.
E’ necessario che a questo nuovo patto concorrano tutte le forze culturali e sociali del paese; che convergano verso questa sfida, condividendone i tratti essenziali e fondativi, le componenti migliori delle tre storiche culture politiche del paese: quella cattolico-democratica, quella liberale e quella socialista.

Questo nuovo Patto tra le generazioni, deve porsi il duplice obiettivo di rifondare il legame tra persona e democrazia e di rilanciare l’investimento fiducioso di tutti e di ciascuno sul futuro del paese. Un patto che sappia generare una nuova prospettiva di convivenza civile e di progetto a partire dalle città, facendosi altresì carico della sfida dell’immigrazione e di una concreta apertura al mondo, all’Africa in particolare.

Ci troviamo oggi a vivere situazioni certamente molto diverse rispetto al passato. Ma siamo anche in un tempo che offre straordinarie potenzialità di futuro, grazie alla scienza, alla pacifica convivenza tra gli uomini, alla capacità di costruire progetti transnazionali mai visti prima d’ora e di dare vita a istituzioni di portata globale.

Dobbiamo allora attrezzarci per costruire un progetto che possa incidere di più nello sviluppo culturale del nostro paese, cercando di abitare i luoghi dell’incontro della partecipazione e della democrazia con lo stile di chi abita la frontiera:
La frontiera come metafora di un territorio di esodo, che ci chiede di uscire da noi stessi, di essere disponibili, all’incontro, allo scambio, alla reciproca contaminazione, alla relazione solidale. Luogo di sfide, di occasioni, di incertezze e di ricerca.
La frontiera come consapevolezza di essere portatori di valori non da barattare ma da condividere con chi non la pensa allo stesso modo, valorizzando le diversità.
La frontiera come luogo di presenza nelle aree della marginalità e a rischio dei paesi e delle città, per ricostruire un tessuto di solidarietà e di speranza per i propri cittadini, del nord e del sud, di Napoli come di Milano, di Scampia come di Quartoggiaro, per testimoniare che una convivenza migliore è possibile.
La frontiera “dei grandi problemi che la nostra civiltà è sfidata ad affrontare e risolvere: dalle manipolazioni genetiche all’integrazione delle diverse culture, dal rapporto con l’ambiente, alle ingiustizie economiche e sociali a livello planetario, dalla tutela dei diritti umani alla promozione della pace tra i popoli.

Una frontiera che siamo chiamati a giocare nell’orizzonte dell’Europa. Bisogna riprendere con creatività il filo di una sfida che i nostri padri seppero affrontare con coraggio, gradualità e lungimiranza. Bisogna resistere al ritorno degli egoismi nazionali. Bisogna riscoprire le radici, a partire dalla Dichiarazione Schuman del 1950, che proponeva di costruire una Europa con la pace come obiettivo, la libertà come principio, la solidarietà come metodo. Bisogna riscoprire il senso di una missione, di un progetto di progresso sociale, economico e civile per il futuro, per i nostri figli e per i tanti popoli che guardano con speranza al modello europeo. E bisogna infine saper far diventare sempre più partecipi e protagonisti di questo processo i popoli e i cittadini di tutta Europa.

Una frontiera che non può ridursi ad una condizione di marginalità residuale o di pregevole testimonianza elitaria, ma deve farsi luogo ove sperimentare l’innovazione sociale e tracciare la rotta del futuro. Ripensando e valorizzando le istituzioni, rilanciando l’innovazione sociale ed economica, in una logica di “new deal”, che trovi nella sussidiarietà il suo fuoco generatore di futuro e assuma nuovamente una decisa e convinta valorizzazione del bene più prezioso: la capacità imprenditiva delle persone e dei diversi corpi sociali.

Vogliamo aprire un cantiere per una agenda sociale dei cattolici italiani, per la quale proviamo indicare i primi paragrafi e le prime questioni da cui ci sembra si possa concretamente partire, sui quali impegnare la capacità di elaborazione culturale, di proposta sociale, di confronto politico e di mobilitazione pubblica.
Cinque aree di lavoro e alcune prime proposte concrete già largamente condivise, mentre su altre si tratterà di proseguire la ricerca comune.


1. La promozione della vita come nuova questione sociale. Un’area di questioni sempre più calda, ove si giocano da un lato la frontiera delle bioscenze, dall’altro una concezione distorta della vita terminale e del diritto di darsi e dare la morte, dall’altro una più generale concezione della vita che mira più a soddisfare i desideri dei benestanti ritenuti il motore dell’economia e della cultura contemporanea (i 2/3 da noi) che a riconoscere il diritto di tutti e ciascuno ad una buona vita, a partire dal benessere dei più piccoli e dei più deboli, come termometro delle buone condizioni di salute di una società.
Analogamente la famiglia, che non è più ritenuta il primo luogo di alleanza sociale per custodire il bene più prezioso della comunità – l’accoglienza, la tutela e la promozione della vita – ma come il luogo atomistico della realizzazione dei desideri individuali.
E’ un crinale ove sono oggi in campo forze culturali potentissime, che si traducono poi anche in fatti, misfatti o vuoti normativi e sui quali è probabilmente necessario non solo attrezzare una diffusa e robusta capacità di battaglia culturale, ma anche proposte politiche capaci di rimettere in moto una prospettiva positiva.
Dopo gli esiti del referendum sulla legge 40, ove ha prevalso la ragionevolezza degli italiani, è ora necessario scommettere più di prima sulla vita.
Intanto sollecitando sin dalle prossime leggi finanziarie un amento significativo degli investimenti nei progetti di ricerca sulle cellule staminali adulte, che rappresentano oggi una concreta speranza per la cura di molte malattie.
In secondo luogo, procedendo ad una ampia revisione delle attuali normative in materia di adozione e affido, affinché un numero crescente di bambini possa incontrarsi con la disponibilità di tanti genitori, potendo così realizzare il proprio diritto ad essere amati, educati e cresciuti in una famiglia.


2. La pace e la cooperazione tra i popoli. Siamo davvero convinti che su queste frontiere, oggi più di ieri, si giochi il futuro della democrazia, cioè la capacità di generare risposte che evitino le derive dello scontro di civiltà ed estendano piuttosto le possibilità di incontro, di dialogo e di “esportazione” pacifica e secondo le strade della convinzione, dei valori positivi dei diritti umani, sociali e democratici.
ü L’Europa non si ferma certo al progetto della Carta costituzionale. Essa si può costruire anche attraverso un servizio civile europeo, forse anche obbligatorio, per dare forma ad una cittadinanza europea condivisa e aperta al mondo.
ü Il rilancio di una iniziativa euromediterranea, con al centro la questione sia del dialogo con l’Islam, sia del dramma israelo-palestinese, impegnando forze sociali, economiche e culturali nella moltiplicazione di progetti di rete, di sviluppo, di connessione.
Ma in particolare, si tratta di convergere su una significativa iniziativa per l’Africa, che coinvolga cittadini e soggetti economici, con un impegno diretto (1 Euro) al giorno, chiedendo allo Stato di raddoppiare la posta, per rilanciare molto concretamente e in modo irreversibile una seria politica di cooperazione allo sviluppo, nella linea delle novità di impegno che si stanno profilando a livello internazionale negli ultimi mesi.


3. Immigrazione. Una questione epocale, che non tocca solo le questioni della cittadinanza e dei nuovi equilibri sociali e culturali interni, ma anche il complesso sistema delle relazioni esterne. Appare chiaro come un atteggiamento difensivo non abbia più ragione d’essere. Si deve arrivare ad un radicale cambiamento della mentalità comune che conduca a vedere nei flussi migratori un’opportunità di sviluppo e non un problema sociale.
E’ necessario partire dai seguenti punti:
ü Sistemi e strutture di accoglienza e di accompagnamento a vie di ingresso legali, sottratte alla grande criminalità organizzata e ai trafficanti di uomini.
ü Diritto di asilo, con una progressiva estensione anche a coloro che non fuggono solo per motivi ideologici o politici, ma anche per impossibilità di sopravvivere.
ü La complessa questione del rapporto tra riconoscimento delle diverse identità religiose e culturali e integrazione nel sistema di regole e principi dell’ordinamento del paese, sapendo costruire insieme concrete vie di integrazione e prevenire future e dirompenti ondate xenofobe.
La nostra proposta concreta è la messa in campo di un impegno legislativo volto a riconoscere i diritti degli immigrati, a rivedere la normativa sulla cittadinanza a partire dai figli minori nati in Italia, a facilitare la partecipazione sociale e politica a livello locale, attraverso il diritto di voto amministrativo per i residenti legali di lunga durata.


Welfare, sussidiarietà, non profit. Il futuro dei nostri sistemi di sicurezza e protezione sociale è oggi quanto mai alla prova, ma la vera questione è rompere lo sterile dibattito tra difensori degli equilibri esistenti e coloro che, in nome di una questione di costi, intendono smantellare le reti di protezione o renderle vieppiù frantumate e incerte.
Sono due i principi che orientano il nostro agire: puntare maggiormente su un diretto protagonismo delle persone e delle famiglie e costruire un nuovo patto tra le generazioni che favorisca i giovani, dentro una rete rinnovata di protezione e sicurezza, che guardi al futuro. Favorire i giovani non vuol dire sacrificare gli anziani, che non possono continuare ad essere ridotti ad un capitolo della spesa sociale, da comprimere il più possibile, con il rischio di farne un fenomeno di esclusione di massa. Si tratta invece di una risorsa, nel quadro di un sostanziale ripensamento degli attuali cicli di vita.
Soprattutto nel nostro paese, sono urgenti adeguate politiche di sostegno e di incentivo alla natalità, che sappiano raccogliere e vincere la sfida a medio termine di un nuovo dinamismo demografico, base storicamente provata di ogni altro dinamismo sociale e di progresso economico. In questo senso, bisogna dare sostanza all’equità orizzontale e ad una concreta riforma fiscale che riconosca in modo significativo il quoziente famigliare, come investimento del paese sul proprio futuro.
In secondo luogo, è necessario provvedere alla rapida costituzione di un fondo per le persone non autosufficienti, alimentato dalla fiscalità generale, che diventi una componente centrale di una politica di sostegno alle famiglie, di effettiva presa a carico della condizione degli anziani, dando stabilità ai flussi finanziari e certezza delle prestazioni.


Lavoro, impresa, cooperazione. Se tutta la più moderna scienza economica riconosce ormai come dirimente per il futuro dello sviluppo economico la questione del cosiddetto “capitale sociale”, bisogna uscire dalle predicazioni e affrontare questioni molto concrete:
ü la democrazia economica, che non è certo solo una forma più sofistica di ricorso alla partecipazione dei lavoratori al capitale d’impresa, ma tocca in profondità anche i modelli di produzione, di organizzazione economica e dei consumi, esigendo un rinnovato investimento creativo, anche nel campo della finanza;
ü l’investimento nella ricerca, che tocca anche la cruciale questione della formazione universitaria e post-universitaria, di adeguati programmi di borse di studio capaci di attirare studenti e ricercatori dal mondo intero, del raddoppio almeno delle esigue somme finora mediamente stanziate in Italia e ben lontane dagli obiettivi stabiliti in sede europea;
ü la valorizzazione e l’ammodernamento dei sistemi a rete tra imprese, quale elemento strategico di coesione e fattore di competitività delle piccole e medie imprese, nell’ambito dei possibili modelli di sviluppo territoriale.
Promuovere buona, nuova e stabile occupazione, rendere sostenibile la flessibilità, riconoscere i diritti individuali di formazione, ampliare le aree di intervento dell’economia e dell’impresa sociale. Assumendo per intento la sfida concreta di diminuire le tasse sul lavoro, spostando tale carico fiscale sulle rendite finanziarie, favorendo così nuovi investimenti nelle imprese e sul lavoro.

L’accennata Agenda si presenta come un cantiere aperto, in progressiva costruzione, ma anche con alcune scelte immediate sulle quali far convergere la riflessione comune, sia a livello nazionale che dei territori. Un cantiere che si muoverà secondo tre direttrici principali.

I. Ripartire dalle città
L’idea di municipalità, che si ricollega alla ricca tradizione culturale e politica del nostro paese, è diventata ormai un patrimonio comune a molte realtà della società civile e principio ispiratore per la stessa organizzazione dello stato. Allo stesso tempo, risponde bene a quella esigenza di recupero della dimensione locale della partecipazione e dell’appartenenza che riemerge con urgenza sotto le spinte della globalizzazione. Così come ci pone nella prospettiva della città come luogo di appartenenza di tutti coloro che vi abitano; che individui e combatta i fenomeni di emarginazione determinati dalla povertà e dalla esclusione sociale. La città intesa in tutte le sue dimensioni: la città della gente, la città economica, la città delle relazioni sociali e culturali, la città politica, la città urbanistica.
E’ inoltre il luogo concreto nel quale sperimentare la possibile costruzione di un nuovo patto tra le generazioni, tra le diverse forze sociali, economiche e istituzionali, per ridare spazio alla centralità del territorio come luogo di sviluppo insieme economico e sociale, ma anche come luogo nel quale sperimentare concreta innovazione, partecipazione, secondo una ferialità condivisa e di appartenenza, che sa pertanto anche difendere lo spazio della festa e della domenica come luogo privilegiato per rinnovare la relazione e arricchire la comunità tutta.
Ripartire dalle città, per sviluppare un nuovo protagonismo di democrazia partecipativa, sperimentando feconde contaminazioni culturali e politiche, aperture verso il futuro e generazione di nuova classe dirigente per il paese.
Questo concreto ripartire dalle città, attraverso la moltiplicazione di cantieri locali intorno a questa agenda, potrebbe poi trovare un concreto punto di convergenza in alcuni appuntamenti nazionali, dei quali il primo si potrebbe pensare come una grande Convenzione da tenersi a Napoli entro la fine del 2005. Una proposta che vuole essere un modo per porre al centro della nostra azione il Mezzogiorno, evitando che la sua crisi sia, oltreché una ingiustizia, un immenso spreco di ricorse e potenzialità per il progresso dell’intero paese.

II. Scommettere sulla cultura
Scegliamo di scommettere sulla cultura e sull’elaborazione culturale, come condizione per un’azione sociale non ripiegata sul pragmatismo contingente, ma capace di guardare al futuro, di costruire futuro, con un pensiero progettuale che sappia misurarsi con le sfide di questo tempo e che al tempo stesso sappia collocarsi in esso con la libertà critica che viene dall’esercizio del pensiero.
Scommettere sulla cultura significa per noi operare perché la scuola si qualifichi sempre di più come luogo capace di educare ad un metodo rigoroso, che insegni ad essere pensosi davanti alla realtà, che sappia coltivare le ragioni profonde della riflessione culturale, che sappia educare alla libertà di ricerca davanti alla realtà.
Scommettere sulla cultura significa cercare ogni possibile contatto con le Università, come istituzioni con cui interagire per costruire strategie culturali di grande prospettive, capaci anche di sostenere la nostra progettualità sociale.

III. Assumere la sfida della formazione di una classe dirigente per il paese
Un impegno che deve partire da una rinnovata e diffusa stagione formativa, anche con un impegno a sviluppare itinerari comuni e condivisi su alcune parti, per rilanciare un condiviso senso del bene comune, dai valori cristiani alle virtù politiche, dalla coscienza del proprio mandato ad essere costruttori di imprese culturali e sociali alla fiducia e all’investimento sulle istituzioni, come forma concreta di tutela dei più deboli e di promozione del bene di tutti.
Una sfida culturale e organizzativa, che ha il coraggio di ripartire dall’abbondante patrimonio della Dottrina sociale della Chiesa, ma anche di rilanciare la ricerca e il confronto, per stare in questo mondo difficile da protagonisti, essere capaci di promuovere e reggere una sfida culturale sempre più militante e dirimente sul senso della vita e anche di generare innovazione nella costruzione del tessuto civile, economico e istituzionale.
In questa linea, si tratterà sin dai mesi autunnali di dare forma e struttura a concreti processi formativi, rivolti in particolare ai giovani e ai dirigenti e che siano sia di stimolo e orientamento unitario per tutto quel molteplice impegno che già si sviluppa positivamente nel paese a cura di associazioni e realtà locali, sia di supporto al dispiegarsi sul territorio dei cantieri dell’Agenda sociale dei cattolici italiani.


Conclusioni

E’ venuto il tempo di osare, di “pensare in grande” e di “prendere il largo” insieme, per stare dentro la vita del nostro tempo, con lucidità di analisi, ma anche con rinnovata fiducia e speranza, offrirle la passione di un impegno, quadri, proposte, immersione in un concreto e sempre perfettibile divenire della storia, chiamando a raccolta tutti coloro che non si vogliono arrendere ad una sorta di ineluttabile ripiegamento sul presente, ovvero ad un nichilismo pervasivo e senza speranza.
Intendiamo vivere questo cantiere da cristiani, dunque da laici aperti al dialogo e alla collaborazione con tutti gli uomini di buona volontà. Impegnati nell’associazionismo, nel sindacato, nel volontariato, nella cooperazione e nelle imprese sociali, come in molte altre istituzioni sociali, civili ed economiche, intendiamo scommettere su questa nuova stagione del movimento cattolico in Italia, dalle Settimane sociali di Bologna verso il Convegno ecclesiale di Verona, dando ragione insieme della speranza che è in noi, per offrire un servizio bello e utile al nostro paese.




Vallombrosa, luglio 2005

retinopera: un pò di storia

R E T I N O P E R A: un po’ di storia

Nel corso del 2001, un gruppo di una decina di amici, impegnati in diverse realtà della società civile italiana, dà vita ad un percorso di comune discernimento, puntando soprattutto ad una messa in gioco sul piano personale. In questo percorso, accompagnati dalla cura attenta e appassionata di S.E. Mons. Attilio Nicora, nasce la formulazione di un primo documento, dal titolo “Prendiamo il largo”, che viene poi discusso e sottoscritto nel marzo del 2002 da oltre un centinaio di dirigenti e responsabili variamente impegnati nell'associazionismo, nel sindacato, nel volontariato, nella cooperazione e in altre istituzioni sociali, civili ed economiche. Un documento che propone di ripartire dai contenuti della Dottrina Sociale della Chiesa, per ridare concretezza ad un orizzonte culturale che supporti ed orienti il lavoro ordinario nel sociale e nel civile e segni per una nuova stagione del movimento cattolico in Italia, inteso come un cammino verso una diffusa e capillare “Opera delle Reti”, significativa di una esplicita autonomia del sociale.
Il gruppo iniziale si stabilizza su un nucleo nazionale, che si incontra su base mensile. A fianco di questi appuntamenti mensili, strutturati secondo un modello di meditazione e discernimento spirituale seguito poi da un confronto su tematiche di attualità o proposte di impegno comune, si affiancano progressivamente:
ü Alcuni convegni e iniziative pubbliche (sulla pace, sul federalismo, sulla scuola, ecc.)
ü Documenti di presa di posizione su tematiche specifiche (in particolare immigrazione, Europa)
ü Tre seminari estivi che rappresentano un po’ il cuore di raccordo sul livello nazionale (Collevalenza 2002, Vallombrosa 2003 e 2004, il primo teso a sviluppare il tema del Manifesto, il secondo e il terzo più centrati sulla sfida della democrazia)
ü Un lavoro di sostegno e supporto della rivista “La società”, promossa dalla Fondazione Toniolo, che si mette a disposizione del lavoro più specificatamente culturale


2005: nasce l’Associazione nazionale Retinopera


Dopo quella che è stata definita l’ “estate dei cattolici italiani”, in cui questo lavorio preparatorio più sotterraneo ha contribuito a manifestare una più visibile intesa pubblica tra le varie componenti del movimento cattolico italiano, che ha avuto il suo culmine sia in una serie di eventi estivi dei principali movimenti e organizzazioni con il coinvolgimento di diverse migliaia di persone complessivamente, sia nella partecipazione di una consistente delegazione di responsabili al centenario delle Settimane Sociali di Francia a Lille, sia nella presenza attiva, propositiva e unitaria in seno alle Settimane sociali dei cattolici di Bologna (ottobre 2004), il lavoro si è poi progressivamente orientato verso la promozione di un laboratorio comune di riflessione e formazione, anche esteso ai territori, e verso la definizione di una possibile agenda preliminare di questioni pubbliche di grande rilevanza.
Su queste premesse e con l’intento di valorizzare e sostenere il processo di convergenza associativa, per far crescere una nuova stagione di protagonismo e impegno sociale e politico del laicato organizzato in Italia, il 22 febbraio 2005 viene costituita l’Associazione nazionale Retinopera, i cui principi ispiratori e orientamenti programmatici sono così sintetizzati negli art. 2 e 3 dello Statuto:

Art. 2
L’Associazione, proseguendo l’azione svolta dall’omonimo Collegamento, riconosce e fa proprio il Manifesto “Prendiamo il largo”, che è allegato al presente Statuto, facendone parte integrante quale atto fondativo e di indirizzo.
Essa si propone come diffusa “Opera delle reti”, fondata sui principi della Dottrina sociale della Chiesa e intende essere espressione della autonomia e del ruolo costitutivo della società civile.

Art. 3
L’Associazione si offre come punto di incontro per lo studio, l’attuazione e la diffusione della Dottrina sociale della Chiesa e persegue le finalità di:
ü valorizzare l’impegno dei cittadini sul piano spirituale, culturale, educativo e civile;
ü affermare e realizzare i valori e i diritti della persona e delle comunità;
ü promuovere la responsabile partecipazione allo sviluppo di una società democratica, ordinata alla realizzazione del bene comune.
In ideale collegamento con le Settimane sociali dei cattolici italiani e riconoscendosi nei principi costituzionali degli ordinamenti italiano ed europeo, essa opera come laboratorio di riflessione e formazione, di convergenza attorno a specifici progetti ed obiettivi, di ricerca di posizioni comuni relativamente a questioni pubbliche di grande rilevanza e di promozione di conseguenti iniziative dell’associazionismo cattolico.

I promotori dell’associazione sono una decina di organizzazioni (ACLI, Azione Cattolica, AGESCI, Coldiretti, CSI, CTG, Comunità di Sant’Egidio, FOCSIV, Fondazione Toniolo e UNEBA) e una ventina di dirigenti e personalità del tessuto delle associazioni, del sindacato, dei movimenti, del volontariato e delle cooperative.
L’associazione sarà retta per il prossimo biennio da un Consiglio direttivo composto da: Paola Bignardi e Ernesto Preziosi (ACI), Luigi Bobba e Luca Jahier(ACLI), Paolo Bedoni e Franco Pasquali (Coldiretti), Edio Costantini (CSI), Claudio Gentili (MASCI e rivista La Società), Maurizio Giordano (UNEBA), Agostino Mantovani e Sergio Marelli (FOCSIV), Lino Bosio (Città dell’Uomo), Alberto Ferrari (CTG), Giulio Mauri e Savino Pezzotta (CISL), Edo Patriarca (Terzo Settore), Luisa Santolini (Forum delle famiglie), Giorgio Salina (CL), Antonio di Matteo (MCL), Paolo Loriga (Movimento dei Focolari), Luca Riccardi (St Egidio), Franco Marzocchi e Wilma Mazzocco (Confcooperative), Lino Lacagnina e Chiara Saligni (AGESCI), Adriano Vincenzi (Fondazione Toniolo).
L’associazione ha inoltre eletto quale Coordinatrice, Paola Bignardi; coadiuvata da un Ufficio di segreteria composto da: Luca Jahier (Segretario), Franco Pasquali (Tesoriere), Lino Lacagnina, Luca Riccardi e Adriano Vincenzi.
Con il seminario estivo di Vallombrosa 2005, dedicato all’apertura di un cantiere dei cattolici italiani, a servizio del paese per scrivere una “Agenda sociale”, prende avvio l’attività sociale di Retinopera, con la definizione di un programma di lavoro che punta sia al progressivo coinvolgimento dei territori, sia ad un diffuso processo formativo e di elaborazione culturale.



Roma, dicembre 2005